Ricorda che basta un uomo illuminato per salvare mille anime
LA CHIAVE DI LETTURA NASCOSTA
Ernesto è un libro che ha molta politica al suo interno; che, come ci informa anche la quarta di copertina, ci spinge a riflettere sulle conseguenze catastrofiche dovute alla corruzione sistematica delle leggi democratiche. Non è difficile riconoscere in questo romanzo distopico ambientato in Italia tutte quelle aspirazioni negative in potenza e in atto nel nostro paese, dalla suddetta sistematica corruzione della democrazia a quelle forme di razzismo sempre più aspre che investono ormai ogni livello della nostra società, alla pericolosa fatuità di certe figure messianiche. Ma da buon romanzo qual è, in Ernesto la politica, la nostra, è solo il pretesto per parlare di qualcos’altro. C’è una chiave di lettura nascosta negli incisi della mirabolante storia di Ernesto, che il nostro protagonista, Johnny, non coglierà se non alla fine della storia. A noi lettori tuttavia viene fornito un importante indizio da subito.
LA TRAMA
Italia, un futuro immaginario ma a noi riconoscibile. Intolleranze e razzismo hanno preso il sopravvento e portato alla costituzione di un regime totalitario, la Repubblica del Nord, che esercita un potere oppressivo e violento verso ogni forma di diversità. Ernesto Valsecchi è l’eroe che con la ribellione e la guerra ha posto fine a questa situazione. Celebrato come un novello Che Guevara, il Comandante si ritira subito a vita privata, vivendo del mistero che la sua figura emana. Tre mesi dopo la caduta del regime, Johnny Bianchi, giovane e ambizioso giornalista, verrà scelto da Ernesto per raccontare la sua storia. Johnny non tarderà ad accorgersi che nel racconto del salvatore della patria c’è qualcosa che non torna, e comincerà ad indagare segretamente sul suo mito.
LA GENESI DELL’EROE
L’epica classica ci insegna che nel passato di un eroe c’è sempre una perdita, spesso tanto traumatica da definire ogni altro istante della sua vita. Ernesto naturalmente non fa eccezione: nel suo passato c’è un terribile fatto di sangue che lo ha segnato nel profondo. Si affaccia a questo punto della storia un elemento che diventerà poi ricorrente: il romanzo Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas, lascito del padre di Ernesto, da cui il nostro protagonista non si separerà più. Fuori imperversano le Giubbe Verdi, che sono gli esecutori della politica razzista e oppressiva della Repubblica del Nord: neri, cinesi e terroni vengono rispediti da dove sono venuti, e se sorpresi a fare gruppo, puniti con la violenza.
Ernesto passa da una vita da privilegiato, a frequentare un gruppo di ribelli guidati da una figura carismatica chiamata il Filofoso, alla tragedia che toccherà la sua famiglia. Finirà poi in una comune di rifugiati a rimettersi in sesto. Più o meno a questo punto del racconto Johnny comincerà a sospettare che il suo interlocutore non sia chi dice di essere.
CHI è JOHNNY?
In realtà intorno allo stesso Johnny c’è un certo mistero. Chi è? Perché il Comandante ha scelto di affidargli la sua storia? Sta cercando di comunicargli qualcosa, di manipolarlo? Così mentre Johnny scava nel passato del Comandante, scoprendo ogni sorta di segreto e svelandone gli scheletri, noi siamo portati a sospettare che il Comandante lo stia permettendo per una ragione. Nulla dirò riguardo alla vera identità di Ernesto, né al suo legame con Johnny, perché è questa piccola indagine che rende la lettura piacevole. Ma è quando il racconto si interrompe e comincia l’azione, compulsiva, sincopata, sanguinosa che si scopre la vera natura dell’opera di Nucera. E pensare che il Conte di Montecristo era lì a suggerircelo sin dalle prime pagine.
HISTORY OF VIOLENCE
La storia di morte, rinascita e vendetta di Edmond Dantés arriva tra le mani di Ernesto quando lui ha ormai perso tutto ciò che aveva di più caro, diventando la più silenziosa ed efficace delle armi (come solo i libri sanno essere). Ma che succede quando la vendetta è ormai compiuta? Quale beneficio può offrire, se non un breve, ancorché intenso, sospiro di sollievo? Confucio dice: “Prima di intraprendere la strada della vendetta, scavate due tombe”: ci ricorda che la vendetta è un’arma a doppio taglio che finisce per danneggiare in primo luogo chi la commette. Ecco perché Ernesto si augura che la scia di sangue iniziata dai nemici di suo padre si interrompa con il suo, epico, ultimo atto, ma per sicurezza farà capire a Johnny che
ricordati che si può vivere inseguendo la vendetta, ma raggiungendola si può solo morire.
senza tuttavia dichiararsi né contro, né a favore della vendetta come ideale: è una scelta che spetta a Johnny soltanto, così come Ernesto a suo tempo ha potuto scegliere senza condizionamenti.
Il romanzo, come dicevo all’inizio, offre qualche altro spunto di riflessione e affronta altre tematiche (fra tutte, degna di nota è la disillusione verso quelle figure un po’ messianiche che dimentichiamo fatte di carne e ossa come noi, compresi i nostri amati padri e i nostri amati partner) , ma la vendetta mi è sembrata il leitmotiv della vicenda, il filo rosso (e imbrattato di sangue) che collega i due protagonisti in uno stesso dramma; un tema accennato da quel libro che Ernesto legge senza posa nella stalla della comune in cui si rifugia per leccarsi le ferite, e poi sapientemente nascosto per buona parte della storia dietro gli intenti del memoir e della distopia politica di casa nostra.
SCHEDA DELL’OPERA
GENERE: Narrativa contemporanea, distopia
EDITORE: Augh!
PAGINE: 280
PREZZO: € 15,00
Ringrazio l’ufficio stampa di Augh! e Francesco Nucera per la copia omaggio del libro.